Abbiamo inseguito le nuvole, sperato che il sole si affacciasse tra le montagne come di consueto accade in estate, forte, sfacciato, sfavillante sull’erba dei prati e sulle acque dei torrenti. Invece, niente o quasi. Allora abbiamo letto sotto la pioggia, parlato di libri in mezzo ai fulmini che illuminavano a giorno le vallate, costruito ricordi di un’estate mancata in cui le storie, quelle stampate, hanno saputo egregiamente tenere a bada l’inquietudine. Ora pare che il sole arriverà e allora abbiamo pensato di festeggiarlo con molta poesia, poesia civile, per lo più, poesia fresca e accuminata che ci riporta al mondo e ai suoi mali. Con coraggio andremo a leggerla ai piedi di un colle che è confine e transito secolare, porta aperta per gli elefanti di Annibale, per le truppe ancora rivoluzionarie di un Napoleone stendhaliano, sublime location alpina degli slanci visionari di Turner.
A Ferragosto, quindi, niente barbecue, ma molte poesie lette in salita, lungo la stretta via che percorre il borgo di Saint Rhémy. E poi ancora poesie il giorno dopo a Vens, accanto a una vecchia fontana in faccia al Monte Bianco. Ma niente grigliata e soprattutto nessun lirismo facile facile.
A Ferragosto saremo cattiv*, intelligenti, impegnat* (come lo sono i libri degli editori indipendenti che ci accampagnano in questo viaggio), perché convint* che l’otium latino non sia solo una formuletta da liceali velleitari.